Il paese e la sua storia Stampa E-mail

I primi cenni storici sul territorio di Montese si trovano negli scritti del Compendio della storia del territorio, e comune di Montese e dei luoghi adiacenti la cui prima stesura, a cura di Pellegrino Giacobazzi, viene fatta risalire all'anno 1818. In questo compendio, di cui sono giunte a noi solo sei copie manoscritte, si ipotizza che Montese tragga le sue origini dal periodo Romano, come altri castelli del Modenese.

Nel lavoro Memorie storiche modenesi del del Tiraboschi, l'origine di Montese risalirebbe al X secolo per opera di facoltosi della pianura che fuggirono dall'incalzare degli Ungari, anche se di diverse rocche e castelli, si ha notizia ben prima del decimo secolo.

Nel libro Montese e il suo territorio Augusto Banorri ipotizza che i primi abitanti della montagna modenese, conosciuta come Frignano, traggano probabilmente il loro nome dai Liguri Frignati che, vinti dal Console Caio Flaminio nel 563, abbandonarono i loro villaggi e si ritirarono sull'altro versante dell'appennino, in quel tratto della provincia di Modena che confina: a levante con lo stato di Bologna, a mezzogiorno con l'Etruria - oggi toscana -, a ponente con Reggio Emilia e a sud con Modena. I Frignanesi sarebbe quindi discendenti di quell'antichissimo ramo ligure.

Altra opinione, del Lombroso, è che gli abitanti della montagna modenese discendano dagli Etruschi.

Il nome originale di Jola deriva dall'antichissima famiglia degli Joli e i primi cenni storici sul paese si trovano nel lavoro: Jola-Montese-Frignano-Appennino Emiliano-Modena di Venceslao Santi.

Nelle rivoluzioni che tra il 1200 e il 1300 travagliano il Frignano, il territorio di Jola, allora villa di Monteforte, fu conteso tra i Bolognesi e i Modenesi. In seguito, salvo brevi periodi, rimase sotto il dominio dei Montecuccoli sino al 1668. Per oltre un ventennio fu poi governata, insieme alla podesteria di Montese, dagli Estensi passando, dal 1720 al 1723, sotto il dominio feudale del cavaliere Benedetto Selvatico, nobile padovano. Nel 1722 ritornò sotto il dominio degli Estensi sino al 1756, anno in cui il duca Francesco III  concesse il dominio del territorio al marchese Cornelio Malaspina alla cui morte, avvenuta nel 1772, Jola passò in feudo alla figlia, la marchesa Barbara, a cui rimase sino all'ottobre del 1796.

Gli stati di Parma e Modena alla fine del 1800. In basso a destra la località Malavolta territorio di ciò che oggi è IolaLa contiguità territoriale al territorio di Bologna rese Jola esposta, più delle altre ville del territorio di Monteforte, alle lotte fratricide e alle vessazioni che per secoli straziarono i suoi abitanti e i vicini sudditi dello stato papale. Questi fatti resero gli abitanti facili a risentimenti e vendette. Molti furono gli eccessi che videro attori e vittime gli abitanti di Jola, nelle aspre e micidiali lotte combattute tra Modenesi e Bolognesi, sopratutto tra le famiglie dei Tanari di Gaggio Montano e i Montecuccoli. Rapine, incendi e uccisioni furono perpetrate in alcuni anni del 1500 a danno degli uomini del comune di Monteforte più vicini al confine bolognese, e quindi di Jola. Tali fatti raggiunsero il loro apice nella località di Malavolta ed erano riconducibili ad odio inveterato, controversie di confine, ferocia barbarica o per antagonismo fra il governo di Modena e quello di Bologna.

Oltre alle contese territoriali il territorio soffrì di tremende carestie: nel 1443, a causa delle enormi quantità di neve caduta e al ghiaccio, i raccolti, sopratutto del grano, andarono distrutti con conseguenze anche per i due anni successivi; nel 1621 Monteforte, dei conti Camillo e Massimiliano Montecuccoli, fu soggetta ad una carestia di vettovaglie; l'anno 1663 rimase tristemente noto nel Frignano per i gravissimi danni arrecati agli alberi, sopratutto ai castagni, dalla grandine, dalle forti nevicate, dal rigidissimo inverno e dai forti temporali. Il territorio di Monteforte, per gli abitanti del quale la castagna era la principale fonte alimentare e di commercio, fu tra i più danneggiati e ne risentì per molti anni. Nelle stassa epoca una enorme slavina, con una estensione di oltre sei chilometri, sconvolse e sottrasse alle coltivazioni i migliori terreni.

Il paese di Jola, ed in generale la podesteria di Montese, ebbero pochi danni dalla pestilenza che tra la fine del 1447 e nel 1448 colpì il territorio. Nell'adiacente territorio Bolognese fu una strage, documentata da alcuni scrittori in 30.000 vittime.

Il primo di settembre dell'anno 1713 segnò per Jola, come per tutti i paesi della podesteria di Montese, l'inizio di una istituzione molto vantaggiosa: il duca Rinaldo deliberò di costituire un corriere postale che, una volta alla settimana, portasse, tutto l'anno e con frequenza settimanale, le lettere tra Modena e Montese incluse Montetortore, Guiglia, Vignola e Spilamberto.

Nel 1722 il Duca Rinaldo, dopo avere liberato Jola e gli altri luoghi della podesteria di Montese dalle angherie e i sopprusi compiuti dal marchese Selvatico per oltre due anni, concesse agli abitanti la libertà di caccia.

Jola, immediatamente confinante con lo Stato Pontificio, continuava ed essere travagliata da animosità e lotte con i bolognesi ma il trescorrere del tempo e il lento progredire della civiltà fece sì che questi fatti si riducessero a offese e vendette personali. L'asprezza degli animi e del costume , comune più o meno a tutti i popoli dei secoli passati, l'abitudine a battagliare nelle lotte secolari con i Bolognesi, l'uso e l'abuso nel portare armi nonostante i divieti o la facilità di sfuggire ai rigori della giustizia allontanandosi in una podestà vicina, rendevano frequenti le prepotenze, le liti sanguinose, gli odi feroci e le vendette anche tra gli stessi uomini delle podesterie di Montese.

Nei primi secoli del secondo millennio, Jola non costituiva un ente autonomo ma faceva parte della parrocchia di Monteforte che aveva per patrono S.Antonino e per riferimento Maserno. Nei cataloghi delle chiese di Montese, redatti tra il 1200 e il 1500 non si fa parola della chiesa di Jola ma solo di quelle di S.Michele di Montespecchio, di S. Cristoforo di Zudignano, S.Antonio di Monteforte e di S.Marcellino di Dismano tutte e sole appartenenti alla Pieve di Maserno.

Nella visita pastorale del 1552, da parte di Egidio Foscherari, furono constatate le cattive condizioni della chiesa di Monteforte, che dovettero volgere precipitosamente a rovina tanto da indurre l'autorità eclesiastica a toglierle l'entità parrocchiale e passare i fedeli, anche di Jola, sotto la giurisdizione spirituale di Maserno. Già nella visita pastorale del 1572 la chiesa di un tempo venne descritta come un oratorio pubblico.

In una informativa della seconda metà del 1600 si affermava, tra l'altro, che sotto Montese vi era una comunità chiamata Monteforte, composta da due villaggi: il primo chiamato Dismano, sotto la parrocchia di Maserno, ed il secondo chiamato Monteforte, sotto la parrocchia di Iola che confina con il Bolognese.

Se da un lato la storia antica di Jola enumera troppo spesso uomini che, con atti di violenza e barbarie, procacciarono al paese fama di fiero e vendicativo, dall'altro lato numerosi individui lo onorarono con la esemplarità dei costumi, la nobiltà dell'ingegno, la ricchezza della dottrina, la bontà e generosità d'animo. Tra questi vengono citate le famiglie degli Joli, Uguccioni, Bicocchi, Manfredini, Violi, Passini, Fenocchi e Tamburini. Di quest'ultima famiglia, che diede particolare lustro al paese, si ricordano Simone Tamburini senior, che nella prima metà del 1600 fu podestà di Montese; il figlio di Simone Tamburini senior, Carlo Tamburini, capitano delle milizie di Montese tra il 1647 e il 1665, e Laura Vitali da cui nacque, nel 1640, Simone junior che si dedicò agli studi legali e divenne figura importante, confermata dalle numerose e rilevanti cariche affidategli, tra il 1662 ed il 1722; il secondo figlio di Carlo Tamburini, Michelangelo Tamburini, abbraccio la vita religiosa entrando nella Compagnia di Gesù sino ad essere promosso, nel gennaio del 1706, al generalato di tutta la compagnia. Francesco Tamburini, figlio di Simone Tamburini Junior, si diede alla vita religiosa sin dall'età di 16 anni con il nome don Fortunato, presso l'ordine dei Benedettini del monastero di S.Pietro di Modena. La sua profonda dottrina e le sue svarite virtù fecero sì che Benedetto XIII lo annoverasse, nel 1725, fra i teologi del concilio lateranense. Nel 1723 Clemente XII lo promosse anche a consultore dei Sacri Riti. Nel 1743 Benedetto XIV gli conferì il cardinalato con il titolo di San Matteo in Merulana poi commutato in S. Calisto. Morì a Roma nel 1761. Marc'Antonio Giovanni Tamburini fu un'altro illustre e benemerito Jolese. Studiò scienze naturali e si laureò in medicina e chirurgia. Nel 1804 fu nominato professore di Clinica medica, sino al 1809. Uomo di idee liberali fu nominato, nel 1797, membro della Deputazione municipale di Polizia, nel 1798 individuo della Municipalità di Modena e nel 1811 fu eletto deputato del Liceo di Modena alla Consulta di Lione. Morì a Modena nel 1813.

A cavallo tra il 1800 ed il 1900 il paese raggiunse il suo massimo sviluppo arrivando sino ad un massimo di 900/1000 abitanti. Verso la metà degli anni 40 il paese contava circa 750 anime per arrivare alle poco più di 200 attuali.

Le carestie e gli altri eventi naturali.

I periodi di grandi carestie nel passato, che colpirono il paese e tutta la comunità sono diversi e se ne ha memoria sin dal 1025 quando vi fu una grande penuria di viveri a causa del grande freddo, così come nel 1227 a cause delle volentissime grandinate dei due anni precedenti. Le cerestie si ripeterono e la peggiore a memoria d'uomo avvenne nel 1258 quando una grande quantità di poveri giaceva nelle strade in fin di vita; altre avvennero nel 1326 e 1327, nel 1443 e nei due anni dopo a causa dei grandi freddi. Nel 1445 l'invermo fu così freddo che le viti e le altre piante più delicate morirono; il 18 giugno dello stesso anno cadde la neve seguita da una forte grandinata che distrusse la maggior parte dei raccolti. Nel 1457, il 23 agosto, vi fu un forte temporale e, in concomitanza, forti scosse di terremoto e violenti venti che distrussero raccolti, abbatterono alberi e scoperchiarono case sopratutto nel vicino Bolognese.  Altre carestie afflissero il territorio comunale nel 1521, 1527 e sopratutto nel 1586, a causa del freddo e delle abbondanti piogge, tanto che l'anno dopo, anche in tutta la penisola, molta gente morì di fame. In questa occasione il governo Estense ordinò di distribuire ai poveri le riserve raccolte nelle fortezze e nei castelli. Tra il 1589 e il 1598 ci fu la peggior carestia del Frignano: molti, per procurarsi gli alimenti, furono costretti a vendere o uccidere il bestiame, altri si privarono dei campi, della casa o del mobilio che vendettero a prezzi irrisori stante le necessità. Gli alimenti principali divennero la crusca, le ghiande e i cerri oppure gli acini d'uva, le radici o le piante.

Per quanto alle castagne, che da sempre erano ricca fonte di alimento per la popolazione, le condizioni metereologiche distrussero i raccolti nel 1612, nel 1621 - nel territorio e castello di Monteforte la gente era ridotta in fin di vita per la fame- nel 1663, nel 1740, nel 1751, nel 1807, nel 1816 e nel 1850. L'ultima carestia risale al 1936 quando una forte nevicata tra il 7 ed 8 Ottobre, compromise la raccolta delle castagne e sradicò molti alberi compromettendo i raccolti anche negli anni seguenti.

Bibliografia:
- "Montese e il suo territorio",  di don Augusto Banorri. Seconda edizione 1945. Edizioni il Trebbo, 2000.
- "Cenni storici su Jola", Venceslao Santi. 1912.
- "Cenni storici intorno alla plebana di Maserno", di Don Emilio M. Bernardi, 23 Giugno 1905. Edizioni il Trebbo, 2005.

LA SECONDA GUERRA MONDIALE TRA IL 1944 E IL 1945 NEL TERRITORIO DI IOLA DI MONTESE E DINTORNI.

La cima di Monte Terminale, che domina il paese di Iola di Montese, fu conquistata tra le ore 8 e 8,40 del 3 Marzo 1945 dagli uomini della compagnia E del 2° Battaglione dell’86° Reggimento della 10ª Divisione da Montagna americana dopo un furioso combattimento, sulle pendici a sud del monte, a colpi di mitragliatrici e mortai. Alle 9,33 le compagnie F e G si scontrarono con i tedeschi nel paese di Iola, ingaggiando combattimenti corpo a corpo, casa per casa.

La 10ª divisione da montagna fu costituita ufficialmente il 6 novembre 1944 dalla precedente formazione, denominata 10ª divisione leggera che fu attivata a Camp Hale, in Colorado, il 15 luglio 1943.

Formata da esperti sciatori e rocciatori che completarono il loro addestramento a Camp Swift in Texas, la 10ª divisione da montagna era costituita da tre reggimenti di fanteria (85°, 86° e 87°) composti, ognuno, da tre battaglioni a loro volta formati di compagnie dalla A alla M. Oltre alla fanteria erano presenti tre battaglioni di artiglieria da campo leggera (604°, 605° e 616°), un battaglione di fanteria anticarro da montagna che comprendeva il 727° battaglione mitragliatrici e la 576° batteria anticarro. Le forze da combattimento erano supportate da un battaglione medico composto da quattro compagnie mediche e una veterinaria, nonché un gruppo di ricognizione a cavallo, la 110ª compagnia segnalatori e il 126° battaglione genieri da montagna. In Italia furono inseriti nell'organico il 1125° battaglione di artiglieria corazzata da campo e il 178° reggimento Inglese di artiglieria media da pianura.

Dopo quasi due anni di addestramento, l'11 dicembre 1944, l'86° reggimento si imbarcò da Hampton Roads, in Virginia, sulla nave USS Argentina con destinazione Napoli dove arrivò il 22 dicembre. Il 4 gennaio 1945 l'85° e l'87° reggimento si imbarcano da Hampton Roads, sulla nave USS West Point, con destinazione Napoli dove arrivano il 13 gennaio 1945.

Il trasporto delle truppe sul territorio italiano, sino alle porte della Linea Gotica, avvenne in treno da Napoli sino a Livorno, e con camion militari sino alle aree di attesa vicino a Pisa. L'86° reggimento, dall'area di attesa vicino a Livorno, entrò sulla linea del fronte a nord di Bagni di Lucca. Tra l'8 e il 9 gennaio 1945 rilevò gli elementi della Task Force 45, nell'area di Monte Belvedere, protetta, sul fianco destro, dalla 1ª divisione di fanteria brasiliana (FEB). Il 15 gennaio 1945 l'85° e 87° reggimento bivaccavano a ovest di Pisa ed entrarono sulla linea del fronte il 20 gennaio, nell'area di Monte Belvedere.  Tra il 28 e 29 gennaio truppe dell'85° e 87° reggimento rilevarono l'86° reggimento, che portò l'assalto alle linee tedesche sui Monti della Riva (Pizzo di Campiano, Monte Cappel Buso, Monte Serrasiccia, Monte Mancinello e Le Piagge) tra il 18 e 19 febbraio.

Alle ore 23 del 19 febbraio 1945 il generale Gorge P. Hays, comandante della 10ª divisione da montagna, inviò ai tre reggimenti l'ordine di attacco alla Linea Gotica. Per accentuare la sorpresa non vi fu il consueto fuoco di artiglieria preparatorio. Le forze sul campo erano supportate della ricognizione aerea guidata da "Rover Joe", coordinata da terra dal team di "Rover Pete".

L'assalto dell'87° reggimento si sviluppò dalla linea di partenza, nei pressi del paese di Querciola, verso la località di Corona. Il 2° battaglione si diresse, poi, a ovest, verso i paesi di Polla e Rocca Corneta. Il 1° battaglione risalì il crinale sinistro di Monte Belvedere contemporaneamente al 3° battaglione dell'85° reggimento, che si trovava immediatamente alla sua destra sotto le pendici del monte. Il 1° battaglione dell'85° reggimento prese d'assalto il Monte Gorgolesco e il 3° battaglione dell'86° reggimento si diresse a Mazzancana. L'azione proseguì verso Ronchidoso, Monte della Torraccia il 24 febbraio 1945, Monte Terminale nel territorio di Iola di Montese il 3 marzo, Pietracolora il 4 marzo e Castel d'Aiano che fu conquistata il 5 marzo 1945.

I tre reggimenti della 10ª divisione da montagna si attestarono, infine, tra Monte Grande d'Aiano e Monte della Spe per le seguenti due settimane.

Il 13 aprile 1945 lanciarono l'ultimo assalto a ciò che rimaneva della Linea Gotica, ultimo baluardo tedesco prima della Val Padana. Nel periodo tra la seconda metà di marzo e la prima metà di aprile le truppe furono inviate a rotazione nelle retrovie, tra Campo Tizzoro in provincia di Pistoia e Montecatini.

Il 14 aprile 1945 iniziò l'offensiva di primavera che portò alla liberazione di Rocca di Roffeno, di Tolè il 16 aprile, di Monte Pastore e di Savigno. La Via Emilia fu attraversata tra Modena e Bologna nei pressi di Ponte Samoggia per proseguire verso Nonantola, Bomporto sino a Bastiglia che fu raggiunta il 21 aprile. Tra il 23 e 24 aprile i tre reggimenti della 10ª divisione da montagna attraversarono il fiume Po, vicino a Governalo, occupando l'aeroporto di Villafranca di Verona e Verona stessa il 25 aprile. Il 26 aprile le truppe raggiunsero la riva sud del lago di Garda, proseguendo sino a Torbole dove entrano il 30 aprile.

Il 28 aprile 1945 le forze tedesche in Italia si arresero, e il 2 maggio deposero le armi.

Il 6 maggio soldati del 3° battaglione dell'86° reggimento incontrano, nei pressi del passo Resia sulle Alpi tra Italia e Austria, le truppe della 44ª divisione di fanteria americana provenienti dall'Europa centrale.

Il 20 Maggio la 10ª divisione da montagna era dislocata a Tarcento vicino Udine dove, unitamente a truppe inglesi, dovevano prevenire eventuali movimenti verso ovest delle forze di Tito che avevano occupato Trieste e Klagenfurt. Il 14 Luglio ricevette l'ordine di rientrare negli Stati Uniti d’America in preparazione dell'invasione del Giappone pianificata a Kyushu per il 2 novembre 1945. Il 6 agosto 1945 la città di Hiroshima fu distrutta dal primo ordigno nucleare della storia.

Tra il 26 luglio e il 2 agosto 1945 i tre reggimenti della 10ª divisione da montagna si imbarcano per rientrare in America; l’86° reggimento dal porto di Livorno, l’85° e l’87° reggimento dal porto di Napoli. Arrivarono in America tra il 7 e l'11 agosto.

Nel corso dei combattimenti sul territorio italiano la 10ª divisione da montagna, costituita da 19.780 uomini, subì 975 morti e 3.871 feriti.

JOHN PARKER COMPTON ( 1925-1945).

John Parker ComptonJohn Parker Compton, il più giovane dei ragazzi della famiglia Compton, era nato il 2 gennaio del 1925 a New York e scopri la passione per lo sci nel 1939 durante la sua formazione scolastica presso la Le Rosey School in Svizzera.

Al suo ritorno in patria, dopo appena due mesi alla Princeton University, si arruolò, il 4 Settembre del 1943, nelle truppe da montagna e fu assegnato alla compagnia G dell’86° reggimento della 10ª Divisione da Montagna a Camp Hale in Colorado.

Venne inviato nel 1945 sul fronte della linea Gotica e fu ucciso il 3 Marzo 1945 in località Cà Cardinale vicino a Iola di Montese. Fu seppellito nel cimitero americano di Firenze.

Nell’immediato dopo guerra la famiglia Compton, nell’occasione di una visita nei luoghi dove il figlio era stato ucciso, offrì alla comunità di Iola un contributo per ristrutturare la chiesa che era stata bombardata durante il passaggio del fronte.

Sulla parete esterna a sud della chiesa di Iola è stata posta una targa in ricordo.

Tutti i documenti appartenenti a John Parker Compton sono stati donati, nel 2006, alla Libreria Pubblica di Denver.

 
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